(di Monica Ruffa e Mariano Votta)


Alla parola Europa, la 22enne Paola, un impiego part-time a Torino, associa l’idea di vastità e di “unione di più forze, che fa la forza”; ad Anna Maria, pensionata di Milano, viene in mente invece l’avvenire, e giocoforza pensa ai suoi nipoti. Per tutti, aver preso parte alle Consultazioni europee dei cittadini sul futuro dell’Europa ha rappresentato un’esperienza unica per sperimentare in prima persona la partecipazione “a qualcosa su cui, generalmente, discutono e decidono in pochi”. C’è chi si è sentito importante semplicemente per essere stato ascoltato, e chi vorrebbe che simili iniziative fossero promosse più di frequente. Da Sofia, per esempio, Aleksandra racconta di aver respirato fiducia e speranza, mentre il belga Daphné, 36enne di Charleroi, promette di volersi coinvolgere di più per non ridurre la propria dimensione europea unicamente al momento del voto. Il maturo Erhard, 60enne tedesco della Renania del Nord, non si sbilancia, per lui sarà cruciale verificare quanto effettivamente la voce dei cittadini riuscirà ad incidere sulle decisioni politiche in Europa. Atteggiamento cauto, comunque condiviso un po’ da tutti i partecipanti alle citate consultazioni, il primo progetto paneuropeo che ha visto un campione di cittadini dei 27 Stati dell’Ue dibattere sul futuro economico e sociale dell’Europa.

Le Consultazioni hanno portato con sé un importante elemento di novità, ovvero la scelta, da parte delle istituzioni europee, di mettere in atto un esercizio concreto di democrazia deliberativa quale strumento chiave per fare partecipare i cittadini alle decisioni riguardanti l’intera comunità. Una scelta al tempo stesso rischiosa (VEDI BOX) ma necessaria, alla luce della crisi che le moderne democrazie stanno attraversando in termini di disaffezione da parte dei cittadini alla vita politica e di “erosione” della rappresentatività nelle istituzioni e nei partiti politici. Una crisi di cui soffrono le stesse istituzioni comunitarie, consapevoli di essere percepite come un corpo lontano e di generare perplessità sulla capacità di incidere effettivamente sulle politiche comunitarie. Basti pensare alla bassa partecipazione al voto registrata in occasione delle recenti elezioni del Parlamento europeo. Le Consultazioni europee, avvenute nella primavera di quest’anno, si pongono, quindi, come una novità del dibattito politico contemporaneo, sulla scia di esperienze di democrazia deliberativa in corso in molti altri Paesi (sondaggi deliberativi in Usa e Inghilterra, comitati di cittadini in Germania e Spagna, conferenze per il consenso in Danimarca e Francia, audit civico per il controllo della sanità in Italia, bilanci partecipativi).

L’impresa di mettere insieme un campione di cittadini europei, dapprima in ambito locale e in un secondo momento in ambito transnazionale, per farli discutere sulle sfide chiave che l’Ue si troverà ad affrontare nei prossimi anni, è stata affidata a un consorzio di 40 organizzazioni della società civile, coordinate dalla Fondazione belga Re Baldovino. In Italia è stata scelta, come soggetto promotore dell’iniziativa, Cittadinanzattiva alla luce della sua trentennale esperienza in tema di sviluppo della partecipazione civica.


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